Buttero: passione made in Stivale

Il marchio di calzature 100% italiano ha forti radici nel territorio toscano.
Massimiliano e Claudio Sani, figli del fondatore, raccontano storia, segreti e aneddoti del brand nato con gli Spaghetti boots

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Piatto del giorno: Spaghetti boots, detti anche alla Buttero. Procedimento: condite in salsa di terra Toscana, aggiungendo delle sane radici legate al suolo della campagna nei dintorni di Firenze. Mescolate la tecnica della produzione artigianale con la tradizione dei butteri, i pastori a cavallo tipici di questa regione e famosi per le loro lunghe transumanze (considerati da alcuni i cowboy italiani). Otterrete un prodotto genuino che emana un profumo di artigianalità. Il segreto della ricetta? Da tramandare di generazione in generazione. Infine un consiglio: ottimi se ancora prodotti in una filiera locale. Assolutamente da "gustare" in tutto il mondo.

Una provocazione? Non più di tanto. Il mix di ingredienti appena descritto prende forma negli stivali tutti italiani (Spaghetti boots) di Buttero, azienda di Fucecchio (Firenze) nata negli anni 70 del secolo scorso grazie all'intuizione del fondatore e attuale presidente Mauro Sani. Una storia di shoemaker oggi portata avanti dai tre figli dell'ideatore: Luca (52 anni), responsabile vendite, Claudio (cinque anni più giovane) che gestisce la parte produttiva e Massimiliano (classe 1976), responsabile sviluppo collezioni. Redini di un marchio dall'anima artigianale e a filiera locale (le pelli sono conciate nel vicino distretto di Santa Croce sull'Arno), ma con una forte presenza worldwide, che saranno affidate agli attuali cinque nipoti del patron, uno dei quali, Tommaso, già inserito nell'organigramma aziendale.

Storia, passioni, segreti, aneddoti ed emozioni del mondo Buttero raccontati da Massimiliano e Claudio Sani in questa intervista a Playgroundshop.com. Un colloquio a due voci all'interno dell'azienda, in un mite mercoledì mattina di inizio primavera sulle colline toscane.

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Una storica campagna pubblicitaria del marchio.

Massimiliano, come è nata l'idea di fare dello stivale il vostro cavallo di battaglia, ancora oggi regolarmente presente nelle collezioni?
Nostro padre andava pazzo per i fumetti di Tex Willer e Zagor, girava in Land Rover vestito con cravattino e cappello da cowboy, si immedesimava in quel mondo. Da ragazzo lavorava nelle concerie di Santa Croce, poi entrò nel settore delle calzature come operaio. Iniziò a produrre scarpe marchiate Mauro Sani nel 1963-1964. Inizialmente era un vero e proprio façonista, produceva quello che chiedeva il mercato. La svolta arrivò nel 1974 con la prima richiesta di dare vita a un marchio proprio. L'influenza americana ebbe il sopravvento nell'ispirazione, ma non nel nome. Nostro padre pensò di fare degli stivali da uomo legati al mondo western e simili a quelli del Texas, ma con un marchio tutto nostrano. Il primo fattore di differenziazione dalla nostra tradizione fu il tipo di prodotto. All'epoca in Toscana si facevano i mocassini, Buttero invece si specializzò negli stivali cosiddetti a tubo. Alle proposte maschili si affiancarono quasi da subito le collezioni donna, tutt'oggi commercializzate.

Da dove arrivò la svolta?
Un giorno in una fiera campionaria a Bologna un buyer americano vide gli stivali e li soprannominò gli "Spaghetti boots". In quel periodo, con i film di Sergio Leone prima e della coppia Bud Spencer e Terence Hill poi, il genere Spaghetti western all'italiana iniziava a essere un vero tormentone nel nostro paese, importando la tradizione Usa. I nostri erano stivali detti texani-italiani, a punta, con la vacchetta di mezzo tutta tamponata a mano. La vera affermazione degli stivali Buttero al grande pubblico arrivò dopo qualche stagione, sempre in fiera nella città felsinea, grazie a uno stand allestito come un carro western con le ruote grandi dietro, quelle anteriori più piccole e il tendone bianco come nei film. Ecco, si intasò letteralmente il corridoio di persone che si fermavano per il forte interesse attorno al marchio.

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La manovia produttiva all'interno dell'azienda. A destra, Claudio Sani durante l'intervista.

Perché venne chiamato Buttero?
I cavalli, la natura e gli stivali erano rappresentati perfettamente dalla figura del buttero, la raffigurazione più naturale del cowboy italiano. In Toscana è un termine molto conosciuto per la forte presenza dei pastori a cavallo in Maremma, ma solitamente anche già nelle zone del nord del nostro paese il nome viene storpiato, per esempio con Buttèro.

E il significato della stella che compone il logo?
Nostro padre era fissato con l'influenza americana...

Oggi quale è il vostro core business?
In modo versatile e contemporaneo la nuova generazione ha scelto di specializzare il brand anche nella produzione di diverse tipologie di calzature. Tra queste le sneakers, fatte però alla nostra maniera, con la vacchetta, tipica degli stivali, usata come materiale principale. Mischiando la tecnica con la tradizione. Ogni stagione, tra proposte uomo e donna presentiamo circa cento referenze di collezione e le vendite maschili e femminili hanno più o meno lo stesso peso. Inoltre continuiamo a mantenere anche la storica linea equitazione che include una parte di su misura.

Dove è presente oggi il marchio?
Oltre all'Italia, in Giappone, Europa e America, in department store come Barneys che dal 1989 non ha mai saltato una stagione.

Quali personaggi noti al grande pubblico hanno indossato Buttero?
Per rimanere in tema western, Giuliano Gemma ha calzato i nostri stivali. Qualche anno fa nostro padre conobbe e rimase colpito da un ragazzo toscano che andava a cavallo pur non essendo vedente. Ai tempi non era famoso come oggi, anche se aveva già iniziato a cantare. Parlo di Andrea Bocelli. Qualche anno fa una cliente di una bellissima selleria toscana ci ha fatto confezionare degli stivali su misura con la ghetta nera proprio per lui. E poi, tra gli altri, anche Carlo Cracco ha usato i nostri boots per il calendario Lavazza 2014, nell'immagine dove lo chef tiene in mano un uovo e una gallina.

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Alcune fustelle per il taglio delle pelli.

Avere un brand che si rifà alla tradizione dei pastori a cavallo significa, sopratutto, conoscere il loro mondo. Claudio, come si svolge la transumanza?
Ho partecipato come sponsor e ho fatto assistenza nei primi anni 90 alla traversata da Calpalbio, nel cuore della Maremma, a Verona, tappa di arrivo scelta per la presenza di Fieracavalli. Un tour durissimo, ricordo che da 16 cavalli ne arrivarono sette. Il percorso fu diviso in oltre dieci tappe, 150-200 chilometri l'una. Partivamo di anticipo per poter raggiungere i luoghi dove i butteri si fermavano a far riposare gli animali nelle stalle. La vera indole di quei pastori era ben manifestata da uno dei partecipanti: Rampichino, 86 anni, un personaggio puro e abituato a stare in sella con il trench e il cappello. Mi ricordo ancora che arrivando nelle città più popolose diceva: "Mamma mia quanto sono strani questi", riferendosi agli abitanti dei vari luoghi. Ma evidentemente quello strano era proprio lui abituato a vivere in campagna!

Quale è un segreto dello stivale?
L'infilatura laterale del modello maremmano, marchingegno che oggi non viene quasi mai aperto, ha uno scopo più ornamentale. Ma che è il vero e proprio antenato della cerniera a zip degli stivali, che nasce grazie ai butteri.

Spiegaci meglio.
È geniale, una sorta di catenella formata da tanti laccetti che si infilano uno dentro l'altro con in cima un passante che li blocca. Serve per far aprire completamente il gambale per infilare i pantaloni dentro gli stivali. Oggi con i modelli elasticizzati è poco usato, ma nel rispetto della tradizione ancora nella linea equitazione continuiamo a fare questa lavorazione. I butteri maremmani lavorano in sella a cavallo, guidano le mucche con il bastone come estensione del braccio. Manovrano delle cancellate con un sistema di sgancio dei pali grazie a un particolare movimento del cavallo, li direzionano con colpi di gamba. Non potendo quindi cavalcare con dei semplici pantaloni, usano dei pezzi di cuoio come una sorte di grembiule casacca salva pantalone, che fermano negli stivali.

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Claudio Sani mostra il funzionamento dell'infilatura laterale dello stivale maremmano.

Massimiliano quali sono le vostre passioni?
Nostro padre è amante di animali in generale e, sempre in tema di "cavalli", anche di auto d'epoca. Una passione, quest'ultima, iniziata negli anni 70 che lo ha portato a correre tre volte la Mille Miglia e a partecipare alla Winter Marathon con una MT4 Maserati, una Giulietta Sprint Veloce e una Jaguar XK120 che ancora ha in scuderia. La passione delle macchine lo portò a firmare anche una linea di scarpe da guida chiamata H.P. Italian motor shoes. A me piacciono sia le auto che le moto, vado matto per una Honda del 1976 con la quale probabilmente a giugno prossimo parteciperò al raduno Wheels and Waves a Biarritz, un meeting per amanti di surf e due ruote. Luca, il nostro secondo padre, ha invece una propensione per il lavoro a 360 gradi. Negli anni ha valorizzato la brand awareness di Buttero, portandolo all'affermazione.

Claudio, un pregio e difetto del vostro lavoro?
Partiamo dalle cose meno divertenti (ride, ndr). Il nostro mestiere sicuramente assorbe tante energie, ma uno degli aspetti più complicati è la difficoltà a reperire lavoratori qualificati nella produzione, anche in tempi di crisi del mondo del lavoro. Abbiamo una quarantina di persone nel team, tra questi ci sono dei veri e propri artigiani che lavorano nella manovia produttiva, donne nella parte "gentile" della catena e uomini per le lavorazioni più dure. In Portogallo, dove ci sono aziende dirette concorrenti, ci sono scuole di calzature che insegnano il mestiere di calzolaio ai più giovani. Nel nostro distretto e in genere in Italia manca ancora una formazione qualificata per le nuove leve, quando invece basterebbe modificare il piano di studi di una ex scuola professionale per ottenere un buon risultato. Mi preme sottolineare questo aspetto perché non ci passa per l'anticamera del cervello comprare un prodotto commercializzato magari in Cina, marchiarlo Buttero e poi rivenderlo. Facciamo tutto in casa. Per quanto riguarda invece le soddisfazioni, una tra le più belle negli ultimi tempi la sta dando il canale e-commerce. Ogni giorno il marketplace Buttero.it ci mette in contatto nello stesso momento con consumatori di tutto il mondo, persone interessate a un marchio che trasuda la nostra anima.

Dedizione e passione a forma di Stivale (la penisola tricolore lo è per antonomasia), lasciano l'impronta su tutto il globo.

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Massimiliano Sani all'interno dello showroom dell'azienda.

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Da sinistra, Claudio, Mauro e Massimiliano Sani.

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Alcuni figurini della collezione Buttero.

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Una scarpa maschile Buttero in fase di realizzazione.

Intervista a cura di Matteo Minà
Foto di Fabio Tempestini

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